giovedì 9 ottobre 2014

TRENTANNI A CICCOLINI PER L'ASSASSINIO di LUCIA BELLUCCI

Riportiamo la notizia della condanna a 30 anni per Ciccolini, colpevole di aver ucciso barbaramente Lucia Bellucci, nel corso della scorsa estate nel vicino Trentino. Non c'è consolazione, ma riconosciamo che  con questa sentenza lo "Stato italiano non accetta la violenza contro le donne" come dice l'avv. Bongiorno.


«La condanna segna un momento di giustizia - commenta l’avvocato Giulia Bongiorno che si era messa a disposizione della famiglia Bellucci - e ritengo il tipo di pena adeguato, nonostante i tentativi della difesa di arrivare a una soluzione diversa. Il giudice ha emesso la sentenza con grande lucidità, dando atto della gravità dei fatti. Non esultiamo, perché in questi casi non si esulta, ma un po’ di giustizia è importante: questa sentenza dice che lo Stato italiano non accetta la violenza contro le donne»

Trent'anni di carcere per Ciccolini

L'avvocato veronese condannato per l'omicidio della sua ex compagna in Trentino
La Vittima, LUCIA BELLUCCI- l'assassino Vittorio Ciccolini


TRENTO Nessuno sconto, nessuna attenuante. Trent’anni di carcere, questa è la condanna letta alle 14.15 di ieri dal giudice Ancona per Vittorio Ciccolini l’avvocato veronese che ha ucciso a forza di coltellate l’ex fidanzata Lucia Bellucci. Era il 9 agosto dello scorso anno quando l’uomo, dopo una cena a due, affondò l’arma nel corpo della donna che era seduta accanto a lui nella macchina parcheggiata in una piazzola fra Pinzolo e Campiglio. Sollevò il corpo senza vita della donna e lo rinchiuse nel bagagliaio della Bmw cabriolet. Iniziò a vagare senza meta. L'arresto il lunedì successivo , a Verona, da parte dei carabinieri. Da quel giorno Ciccolini è in carcere e in cella resterà per molti anni. I suoi difensori - Stefenelli e De Luca - si preparano all'appello ma se nulla cambierà l'uomo sarà carcerato per almeno una ventina di anni. «Questa è l’unica decisione che poteva essere presa - commenta Elisa, la sorella di Lucia dopo la sentenza - così non ci è stato regalato nulla. Noi in questa storia abbiamo solo perso, abbiamo perso Lucia». Ci sono stati lacrime e abbracci dopo la lettura della sentenza. Ad attenderla, i genitori della ragazza uccisa, il fratello gemello, la sorella, tanti parenti e amici. E con la fascia tricolore in mano si è presentato anche il sindaco di Pergola (paese marchigiano dove Lucia viveva) Francesco Badelli a testimoniare di quanto il delitto abbia colpito la comunità. L’udienza è iniziata alle 11.30 e ha preso la parola il pubblico ministero Maria Colpani che nella requisitoria, ha letto anche due brani del libro scritto da Ciccolini e trovato nel suo pc durante le indagini. Parole che sono state usate per dimostrare la premeditazione dell’omicidio visto che la storia narrata assomigliava molto a quella che era stata la relazione fra Ciccolini e Bellucci e al triste epilogo. Tre le aggravanti che sono state contestate all’avvocato veronese: la premeditazione (secondo l’accusa era da febbraio che l’uomo pensava di togliere la vita a quella che era stata la sua compagna), la minorata difesa (lei aveva bevuto ed era stata portata in una zona isolata di notte, quindi con poche possibilità di scappare al suo terribile destino) e i motivi abbietti. Sì perché secondo la procura non era stata la gelosia a muovere le mani di Ciccolini (che prima di pugnalare la donna l’aveva anche strozzata) ma il fatto che lei lo avesse rifiutato, che non volesse ricominciare una storia con lui. Hanno quindi preso la parola le parti civili - si sono costituiti i genitori di Lucia, il fratello gemello, la sorella, l’ex marito, il fidanzato della donna e l’associazione «Isolina» - e alla fine la difesa di Ciccolini che ha puntato, fra l’altro, sulla mancanza di premeditazione. Ci si aspettava una proposta di risarcimento in denaro contante, ma questa non è arrivata e si è rimasti alla vecchia proposta. Ossia la macchina (sì, quella in cui Lucia era stata uccisa e nascosta), l’appartamento dell’uomo e delle partecipazioni. Proposta mai accettata. Dopo una brevissima camera di consiglio la decisione: trent’anni di carcere, ossia il giudice ha accolto le richieste della procura, il massimo che è previsto nel rito abbreviato. Come detto i difensori già annunciano l’appello, e come sempre nemmeno ieri in aula si è presentato Ciccolini. Decisa anche l’interdizione dai pubblici uffici e i risarcimenti che ammontano a circa 450 mila euro: 190 mila per il padre di Lucia, 164 mila per la madre, 25 mila euro a testa per i fratelli e 15 mila per ex marito, fidanzato e «Isolina». «Ma del risarcimento a noi non interessa nulla. E' la condanna a 30 anni il punto fondamentale» spiega l'avvocato Bellucci, Giuseppe Galli. (m.d) 


LA FAMIGLIA:
I GENITORI DI LUCIA BELLUCCI
2014-10-09,

«DEVE RESTARE IN CARCERE E PREGARE PER LEI»


TRENTO «Non lo odio per rispetto di mia figlia che l'ha amato, ma gli ho spedito una foto di Lucia, perché lei è sotto terra e lui deve restare in carcere e pregare tutti i giorni per lei». Maria Pia Bellucci, mamma di Lucia, ha gli occhi bagnati dalle lacrime dopo la sentenza. «La condanna a 30 anni è giusta - prosegue - se fosse stata minore, sarebbe stato come dire “uscite e uccidete”». «Non abbiamo sentimenti di odio o di vendetta verso Ciccolini - ha aggiunto il padre donna uccisa, Giuseppe - ma ci premeva una condanna esemplare che riabilitasse la figura di Lucia. In questi casi infatti si tenta di tutto per infangare la memoria della vittima. Ciccolini in questi mesi non ci ha mai contattato, non ha mai chiesto scusa, ma penso che lui ritenga ancora di aver avuto il diritto di sopprimere mia figlia». «È una scelta giusta - commenta Carlo, fratello gemello di Lucia - ed è giusto che stia in carcere perché lui è un individuo pericoloso». «Ho apprezzato la rapidità con cui è stata emessa la sentenza - ha commentato il legale della famiglia, Giuseppe Galli - con un dispositivo che la famiglia prende in positivo, pur nel dramma di un simile caso. Si tratta di un episodio - ha aggiunto - che rientra in un fenomeno di estrema gravità sociale». «La condanna segna un momento di giustizia - commenta l’avvocato Giulia Bongiorno che si era messa a disposizione della famiglia Bellucci - e ritengo il tipo di pena adeguato, nonostante i tentativi della difesa di arrivare a una soluzione diversa. Il giudice ha emesso la sentenza con grande lucidità, dando atto della gravità dei fatti. Non esultiamo, perché in questi casi non si esulta, ma un po’ di giustizia è importante: questa sentenza dice che lo Stato italiano non accetta la violenza contro le donne».

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